"Una ragazza che legge sa che il fallimento conduce sempre al culmine,
che tutto è destinato a finire ma che tu puoi sempre scrivere un seguito;
che puoi iniziare ancora e ancora ed essere nuovamente l’eroe.
Una ragazza che legge comprende che le persone, come i caratteri, si evolvono.
Eccetto che nella serie di Twilight.
Se trovi una ragazza che legge, tienitela stretta:lei parla come se i personaggi del libro fossero reali perché, per un po’, lo sono sempre."
Rosemarie Urquico.

domenica 8 luglio 2012

Rebirth Dawn Capitolo XXIV

XXIV
- Rosso -

Alice.
La sua comparsa aveva un retrogusto di deja-vù, soltanto che quasi mi sembrava di non essere la stessa persona che era andata in Italia per strappare Edward da una morte atroce per mano dei Volturi.
Che fine avevo fatto fare a quella Bella?
Da qualche parte doveva ancora esserci: nascosta, narcotizzata e sedata tra le piaghe del mio cuore, attendeva il bacio del suo principe per destarsi.
Un principe che, però, non era più tale.
Con tutto quello che avevo vissuto in quel periodo travagliato, alle volte, mi capitava di dubitare che la parte di me follemente innamorata di un angelo dannato fosse mai davvero esistita.
Sembrava essere una allucinazione dai contorni nitidi e dai sapori decisi, ma niente di più.
Alice, invece, col suo profumo irresistibilile, della consistenza del cielo e della dolcezza della pesca, riportava in superficie tutto ciò che era affondato in nove mesi.
C’erano dei conti rimasti aperti in attesa di essere saldati...e io non potevo più rimandare.
< Ciao, Bella. > la sua voce mi ricordava il tintinnio dell’acchiappasogni regalatomi da Jacob.
Era un suono che apparteneva al mio passato, ma che ora s’insinuava anche nel presente con prepotenza, esigendo attenzione.
I suoi occhi color miele sorrisero assieme alla sua bocca di ciliegia ed io provai l’istinto di stringerla in un abbraccio.
Lei restava pur sempre la mia vampira preferita ed il suo brio mi era mancato.
Le sorrisi di rimando e feci per replicare, ma Jacob con una mano mi riportò alle sue spalle, tremando.
< Non sei la benvenuta succhiasangue. > dichiarò con una voce che avrebbe demolito le buone intenzioni di chiunque.
Alice spostò il peso da un piede all’altro, inclinando di lato la testa, ma non si fece intimidire.
< Che accoglienza calorosa. >
Emise una risatina che, alle mie orecchie di comune mortale, sembrò il frusciò argentino di decine di campanelli, mentre, probabilmente, alle orecchie di Seth e Jacob dovette assomigliare più allo stridore delle unghie sulla lavagna.
< Jake... > iniziai, cercando le parole giuste per spiegargli che Alice non rappresentava una minaccia e che sarebbe stata sempre la benvenuta, ma lui mi mise a tacere con un ringhio.
Le vecchie abitudini erano proprio dure a morire, soprattutto ora che c’era qualcosa di più importante di me esposto ad un rischio che lui riteneva troppo elevato.
< Seth, porta via Bella e la bambina. > ordinò perentorio, scrocchiandosi il collo.
< Chi era alla porta? >
A distendere i toni surrealmente acuti e tesi, comparve mia madre con Ephram tra le braccia.
< Buongiorno, Renèe. > Alice fece capolino da dietro la figura mastodontica di Jacob e si esibì in sorriso abbagliante.
< Alice, tesoro! Quanto tempo! >
Mia madre le andò incontro tendendo una mano come per avvicinarsela e a quel punto Jake fu costretto a farsi da parte e a digrignare in silenzio i denti, osservando suo figlio accostarsi troppo ad una vampira.
Detestava l’idea ma, con Renèe in mezzo ai piedi, lui doveva starsene fermo a macerarsi nell’ansia.
Contava quanto il due di coppe quando regnava bastoni.
Tornai a respirare, gettando un’occhiata allarmata a Seth che ricambiò. Temeva, come me, che quell’incontro idilliaco potesse trasformarsi in un bagno di sangue in meno di un millisecondo.
Eravamo tutti posizionati su una scacchiera gigante di cristallo già crepato, per cui un sospiro grosso o un passo mal calibrato potevano equivalere ad una deflagrazione assordante che ci avrebbe ridotto a pezzi con schegge taglienti.
< Cosa ci fai sulla porta? Entra, entra! > mia madre invitò Alice ad accomodarsi e Jacob s’incurvò, come se avesse incassato un destro.
Per cercare di placarlo gli deposi fra le braccia la piccola Ellie, che continuava a fare pernacchie all’aria.
Osservai i suoi occhi venir catturati dal naso piccolo e tondo di sua figlia e scorsi l’angolo della sua bocca sorridere mentre la cullava.
Di nuovo fui sull’orlo delle lacrime, che appannavano la mia vista sempre più frequentemente da quando era ricomparso.
Sebbene non potessi avere altro che disprezzo da lui, perlomeno sapevo di avergli fatto un regalo enorme, che aveva perso le speranze di poter ricevere.
Non da me. Non più.
Sospirai, cercando di strapparmi dal cuore il germoglio velenoso del dubbio su dove fosse stato per tutto quel tempo -tra quali braccia-, e mi accomodai sul divano dall’altro lato di Alice, che conversava amabilmente con Renèe del più e del meno.
Esisteva un essere umano capace di resisterle? Qualcuno che non la adorasse a prima vista?
Le sorrisi e avvicinai la mia mano alla sua, rabbrividendo al contatto con la sua pelle gelida.
Era una sensazione che avevo dimenticato, che tuttavia solleticava qualcosa nel mio cervello.
Era come venir sottoposti sempre alla stessa amabile tortura: dopo i primi tempi di smarrimento e incertezza, cominciavi a provare piacere nel riceverla ed era il mio corpo a rispondere per primo.
Freddo, per me, aveva sempre avuto un solo nome.
Edward.
Per un minuscolo e fulgido istante, la mano di Alice si distorse finchè le sue dita non divennero affusolate come quelle di un pianista; del MIO pianista, che suonava la melodiosa ninnananna che aveva composto con amore.
Un colpo di tosse gracchiante dissolse quella sciocca fantasia e riportò la mano di Alice alle giuste dimensioni.
Alzai lo sguardo e vidi Ellie che se ne stava sulla soglia della cucina con una spalla appoggiata allo stipite e uno sguardo assassino fisso sulla nostra ospite.
< Oh, Eleanor, prenderesti cortesemente le carrozzine dei bambini? Voglio portarli a fare un giro così respirano aria fresca. > mia madre si alzò in piedi e si trascinò dietro la mia amica senza darle modo di rispondere.
La sua faccia era più che eloquente e Renèe doveva aver intuito che la presenza di Alice aveva un significato preciso e, nel momento in cui avesse sganciato la bomba che teneva in tasca, era meglio che ci fossero meno spettatori possibili.
Udii il borbottio di protesta di Ellie, seguito dal cigolio delle ruote di gomma delle carrozzine che arrancavano sulle piastrelle della cucina su cui non veniva passata la cera da un po’.
La sua espressione scontrosa la diceva lunga sul suo umore e su quanto fosse entusiasta di perdersi la scena madre di quel simpatico ritrovo.
Poi notai cosa fissava con così tanta insistenza e sorrisi ancora.
Scrutava le mie mani, appoggiate su quelle di Alice, e di sicuro stava già gettando nella sua testa la bozza del copione della sua tragedia, che avrebbe consumato presto.
Ovviamente credeva di essere inferiore a Alice –e chi non era dello stesso avviso?- e ne era gelosa.
A stiepidire il suo fastidio incandescente ci pensò Seth, che prese dalle braccia di Jacob la piccola Elizabeth e la mise in quelle di Ellie, distraendola.
La mia migliore amica baciò la testa di mia figlia ma sibilò tra i denti un < Bastardo sleale. > nei confronti di Seth.
Mia madre, con un piede già fuori dalla porta, ammonì tutti noi con uno sguardo severo e poi uscì, agitando  la manina di Ephram in un accenno di saluto.
Rimasi a fissare il legno del portone più di un minuto dopo che se lo ebbero richiuso alle spalle, avvertendo la presenza di un groppo scomodo fermo in gola che non riuscivo a mandar giù.
Mi morsi il labbro incerta e alla fine lo sputai, conscia di aver bisogno di sapere, come avevo bisogno di respirare.
< Come... Edward...lui... >
Perfetto, non sapevo formulare nemmeno una frase decente che contenesse quel nome.
Mi rannicchia sul divano, stringendomi le gambe al petto, e attesi una coltellata che non arrivò.
< Lui...è vivo, Bella. > il tocco fresco delle dita di Alice fugò ogni dubbio sulla veridicità di quell'affermazione, per quanto impossibile sembrasse.
Mi resi conto che avevo temuto davvero che compisse una qualche idiozia; che tentasse di riconquistarmi con un gesto estremo...ma quello era da me.
Ero io quella dalle azioni dell'ultimo secondo, sul ciglio del “troppo tardi”.
Edward era quello più riflessivo, più incline a torturare se stesso piuttosto che nuocermi.
Ancora una domanda senza capo né coda mi sgorgò dalle labbra secche.
< Bene...lui...vero? >
Le iridi dorate di Alice, per un attimo, si adombrarono fino a sembrare d'ottone.
Mi sorrise quasi con compassione e fui ferita della sua pietà.
< Più o meno. E' a Denali, ora. Lui... cercava un posto dove non soffocare nell'attesa di poterti parlare. Ti ama, Bella. Non smetterà mai. Ti aspetta ancora. >
Battei le palpebre più volte, spingendo quelle frasi nella mia testa perchè venissero accolte e depositate in un anfratto caldo, che ancora pulsava d'amore vivo per il mio leone pazzo e masochista .
Ma era difficile, ora, perchè non c'era più spazio per lui.
Ero umana e debole, perciò quando amavo, amavo con tutta me stessa.
Con ogni angolo di cuore, corpo e carne.
Con ogni muscolo, osso e tessuto.
E non amavo più Edward, come avevo creduto.
Bensì colui che aveva emesso un borbottio contrariato dopo il bel discorso di quella che avrebbe potuto essere mia cognata, se avessi fatto una scelta diversa.
Mi sentii di nuovo un mostro, di un colore indefinito poichè non sapevo associare una tonalità all'egoismo.
Ed io ero composta essenzialmente di quello.
Puro menefreghismo, conservazione di me stessa e nient'altro.
Avevo abbandonato Edward all'altare senza spiegazioni, benchè non ce ne fossero...e dopo dieci mesi lui era ancora lì ad aspettarle, a chiedersi dove avesse sbagliato e come avrebbe potuto tenermi con sé.
Lui si stava torturando e punendo per qualcosa che non aveva fatto, di cui soltanto io ero colpevole, mentre io mi godevo il sole e lo shopping con Ellie qui a Jacksonville, trangugiando cioccolata.
Aveva ragione Jacob: facevo schifo.
Ero un essere abbietto, viscido e incapace d'amare.
< Bella, smettila. Lui lo sa cosa successe quella sera. >
I miei occhi cercarono istintivamente quelli di Jake e li trovarono incatenati alla mia figura.
Seppur lontano qualche passo, mi sembrò che mi stesse abbracciando possessivamente, con calore.
O, perlomeno, mi piacque immaginare che fosse così.
< Non è... >
< Non offenderci, per favore. Pensavi davvero che tutti noi avremmo creduto a lungo al fatto che eri rimasta al sicuro nella riserva? Non sei mai stata così furba. >
Nella sua dichiarazione non c’era tono d’offesa, ma soltanto l’affetto che poteva mostrare chi mi aveva conosciuto davvero e mi aveva amato, nonostante i difetti che possedevo.
Il mio silenzio equivalse ad un assenso.
Rise, Alice, con quella sua voce delicata e fresca come il gorgogliare di una cascata, che tanto le avevo invidiato e di cui avevo sperato entrare in possesso nel momento in cui il mio cuore avesse smesso di battere ed il mio corpo non avesse anelato altro che sangue.
Mi rendevo conto soltanto ora che erano aspirazioni assurde e fiabesche di una ragazza credeva di aver trovato il vero amore in un principe dall’armatura scintillante.
Desideri di una povera e sciocca illusa, abbagliata da una bellezza perfetta, cristallizzata e immutabile.
Non faceva per me quell’esistenza, mi serebbe sempre stata stretta e, probabilmente, sarei stata la peggior vampira esistente al mondo.
< I lupi non si avvicinavano mai da consentire ad Edward di sapere come stavi e Charlie brancolava nel buio. Ci ha messo poco a fare due più due, anche se il fatto che tu eri completamente sparita dalle mie visioni lo inquietava. Non riusciva a spiegarselo e più di una volta è passato da queste parti con l’intento di avvicinarti. >
Non mi era difficile camminare tra i percorsi che Alice costruiva con le parole, avventurandomi nella testa di Edward e saggiando con un piede tutte le sue paure ed ansie.
Io la meccanica del suo cervello avevo imparato a conoscerla; lui era sempre rimasto bloccato da quella sua brama di leggermi, invece che di capirmi.
Ero il suo enigma, la sua ossessione personale.
< Poi ti ha visto camminare per negozi con la tua amica e... >
< ...e si è fatto da parte. > conclusi io, sospirando.
L’ennesimo gesto premuroso per cui gli ero debitrice.
Lui aveva affrontato le pene dell’inferno in quei mesi per non turbare me, e io non avevo nemmeno mostrato il minimo pentimento per la mia scelta e la mia codardia.
< Dacci un taglio, succhiasangue, vieni al punto. >
Jacob, rimasto in silenzio fino a quel momento, apostrofò Alice senza preoccuparsi di nascondere il tremito della gamba.
Seth gli pose una mano sulla spalla, per trattenerlo nel caso fosse risultato necessario.
Ammirai il suo autocontrollo.
Alice sbuffò, disturbata dall’essere stata interrotta.
Tuttavia mi gettò un’occhiata strana, come se fosse indecisa se aprire bocca o meno davanti a me.
Possibile che lei, come il resto dei Cullen, non avesse perso il vizio di trattarmi come un’incapace?
Oddio, non che mi fossi mai mostrata troppo degna di fiducia, matura o responsabile...ma avevo il diritto di sapere cosa l’aveva portata qui.
Di sicuro era qualcosa di orribile e Edward ancora non ne era a conoscenza. Non ancora.
Iniziai a tremare prima che aprisse bocca.
< Una settimana fa sei ricomparsa di colpo nelle mie visioni, Bella. Credo sia successo non appena hanno allontanato da te i bambini, che devono avere lo stesso potere del padre. > arricciò il piccolo naso ed io sorrisi appena, ricordandomi quanto odiasse essere “cieca”.
< Assieme a te, però, è arrivata un’altra immagine. Il tempismo della decisione presa mi ha davvero sorpreso, ma li tenevo d’occhio da settimane ed ero preparata a quel genere di notizia. Lo eravamo tutti. >
Conficcai le unghie nella fodera di un cuscino e morsi il labbro fino a farmelo sanguinare.
Alice mantenne il suo autocontrollo, ma mi lanciò uno sguardo un po’ troppo affamato.
< Avevo detto di farla breve. Cosa hai visto, vampira? >
Sobbalzai quando mi accorsi che la voce di Jacob proveniva da un punto imprecisato alle mie spalle.
Si era avvicinato ed ora tendeva la mano cercando la mia.
M
i aggrappai a lui, chiudendo gli occhi e attendendo quel nome come la mia sentenza di morte.
Una condanna senza appello, l’ascia del boia calata sul collo, la sedia elettrica, un'iniezione letale.
< I Volturi. Stanno arrivando i Volturi. E vengono per Bella. >

Rosso.
Quante tonalità di quel colore esistevano al mondo?
Cominciai ad elencarne qualcuna in testa, chiazzando immaginariamente il soffitto con spruzzi accesi di ogni sfumatura che mi veniva in mente.
Rosso cremisi.
Rosso vermiglio.
Rosso rubino.
Rosso porpora.
Rosso scarlatto.
Rosso amaranto.
Sospirai e poggiai stancamente un braccio sugli occhi, per impedirmi di vedere ancora quella moltitudine di colore sbavato dalla mia fantasia.
Cercavo di ricordare la precisa tonalità delle iridi di Aro, ma non mi ci avvicinavo neppure.
Il rosso dei suoi occhi era un misto di tutti quelli che avevo elencato, eppure allo stesso tempo era più acceso e cupo.
Un controsenso impossibile da riprodurre.
Strinsi la mano a pugno, cercando di smettere di tremare.
Non era uno dei miei soliti incubi. Non potevo svegliarmi con un pizzico, urlando.
Non c’era via di fuga, non c’era uscita d’emergenza.
Ad aspettarmi a Forks c’era solo un imminente massacro, in cui molti degli amici che avevo avrebbero perso la vita a causa mia.
Il colore rosso avrebbe ammantato gli steli d’erba, sarebbe scivolato lungo le rugosità dei tronchi degli alberi, avrebbe dipinto le margherite dei prati e sporcato le mie stesse mani.
Rosso, rosso ovunque.
Rosso morte. Rosso sangue.
Mi morsi l’interno della guancia, cercando di spingere indietro le lacrime di paura che mi stavano ustionando le ciglia, quando la porta della mia stanza si spalancò di colpo.
Rimasi immobile in quella posizione, sperando che Ellie intuisse che non ero proprio in vena di scenate di gelosia, ma qualcosa di morbido e profumato di detersivo all’albicocca mi atterrò sul braccio.
Ignorai persino quel suo inutile tentativo d’attirare la mia attenzione, ma altri panni mi piovvero addosso, uno dopo l’altro.
Al decimo, sbuffai irritata ed emersi dalla montagna di capi perfettamente lavati e stirati sotto cui ero stata seppellita.
La mia migliore amica era in piedi davanti l’armadio, con le mani sui fianchi e l’espressione scocciata.
<Di grazia, mi diresti cos’è che stai cercando? > la interpellai, inchiodando gli occhi sulla maglia bordeaux che indossava.
L’ennesimo rosso.
Serrai le labbra per non lasciarmi scappare quell’urlo di terrore che mi smuoveva le viscere, attorcigliandosi attorno ai miei organi fino a soffocarli.
Ellie si voltò imbronciata.
< Ti ricordi il corpetto arancione che ho comprato due mesi fa? Quello che ho dovuto nascondere nel tuo armadio perchè se l’avesse visto mia madre mi avrebbe tolto la carta di credito? > chiese senza prendere fiato.
Annuii controvoglia e indicai con un dito il mio cassetto del comodino dove tenevo l’intimo.
Lei sospirò sollevata e si precipitò a ripescarlo tra le mie mutande e i miei calzini appallottolati.
< Oh, per fortuna! Seth ci resterà secco quando lo vedrà! > esclamò galvanizzata, stringendoselo al petto.
Mi riaccasciai sui cuscini esalando ogni respiro come fosse l’ultimo.
Tanto quanti avrei potuto farne ancora?
Pochi. Molto pochi.
Quando i canini di Aro avrebbero affondato nella mia carotide, l’ossigeno sarebbe stata l’ultima cosa che avrei voluto.
Perchè?
Perchè per una volta non potevo concentrarmi a risolvere un solo dannato problema alla volta?
Perchè arrivavano tutti insieme, come mosche sullo zucchero?
Bastava il ronzio di una a richiamare le altre.
Dovevo sistemare il mio rapporto con Jacob, dare spiegazioni a Edward, cercare di non farmi sparare da mio padre e, possibilmente, evitare uno scontro con i Volturi.
Ma tutte le soluzioni che avevo vagliato, da quando Alice aveva pronunciato quel nome, contemplavano la mia morte o la mia trasformazione.
Merda.
Avrei lasciato due orfani. Madre peggiore non esisteva.
Merda, merda, merda.
< Belle, che stai facendo? Dov’è la tua valigia? >
Eh?
< Non pretenderai che te la faccia io, vero? Sono già abbastanza impegnata con le mie! Ho dovuto prendere un po’ di tutto: dall’abbigliamento invernale al costume da bagno, visto che Seth mi ha detto che il clima laggiù è peggio dell’umore di una donna incinta...e io ne so qualcosa, avendoti avuta accanto nove mesi con gli ormoni sottosopra! >
Si sedette sul mio letto, scansando magliette e jeans, e mi fissò con aria di rimprovero.
La mia espressione dovette sembrarle un tantino disorientata.
Ero un server intoppato, che non riusciva a ingoiare la mole di dati che lei aveva scaricato.
< La conosco quella faccia! > asserì grave e poi tentò di darmi uno dei suoi soliti schiaffetti educativi, ma mi scansai appena in tempo.
< Hai davvero pensato di lasciarmi qui? Sei una...sei la... > sospirò < ...la solita. > concluse affranta.
< Non...non posso mettere in pericolo anche te. > sussurrai giustificandomi, sentendo calare sulla mia coscienza l’ennesimo peso, l’ennesima responsabilità.
Per un solo secondo la mia vista venne appannata da un flash abbagliante in cui la testa di Ellie ruzzolava a terra attorno ai miei piedi, schizzandomi le caviglie di sangue.
Ebbi un conato di vomito.
< Il mio ragazzo è un licantropo, Belle. Come pensi che qualcosa possa nuocermi senza prima passare sul suo cadavere? > chiese quasi divertita.
Esplosi.
< MA NON LO CAPISCI CHE E’ PROPRIO QUESTO IL PROBLEMA? CADAVERE, HAI DETTO BENE! SETH, JACOB, EMBRY, QUIL ED IL RESTO DELLA COMBRICCOLA SI FAREBBERO AMMAZZARE, PIUTTOSTO CHE LASCIARMI IN BALIA DEI VOLTURI E IO NON POSSO SOPPORTARLO! C’E’ SEMPRE CHI SI FA DEL MALE PER PROTEGGERE ME! PERCHE’ NON SONO CAPACE DI FARE LA COSA GIUSTA UNA VOLTA SOLTANTO IN VITA MIA? > gridai e piansi con isteria, portando le mani tremanti davanti agli occhi.
< Belle? > Ellie mi richiamò con la voce più dolce che le avessi mai sentito in bocca.
Mi toccò una spalla con gentilezza e infine mi trasse a sè.
Tra le sue braccia, i miei singhiozzi aumentarono fino a prosciugarmi completamente i polmoni d’ossigeno.
Nei bronchi avevo solo particelle di terrore liquido e dolore bruciante.
Annaspai, conficcandole le unghie nelle spalle, e lei mi abbracciò più forte, cullandomi e accarezzandomi i capelli.
Ancora una volta era lei a tenermi a galla, a tendermi la mano per non farmi affogare nella pozza vischiosa della mia angoscia e della mia autocommiserazione.
Il liquido freddo mi entrava violento nelle narici e esplodeva in gola, soffocandomi.
Mi aggrappai a lei con la forza della disperazione, come avevo fatto dieci mesi prima, e m’immaginai di essere di nuovo ginocchioni tra gli scaffali della biblioteca con accanto il volume di Romeo e Giulietta aperto a metà.
Desiderai tornare a quel momento, prima ancora di scoprire di essere incinta, quando potevo evitare il casino che avevo intessuto a trame fitte e lasciare fuori Ellie da...
Alzai la testa di scatto, tirando su con il naso.
< Frena un attimo! Ma tu...tu sai che Seth è... >
Scoppiò a ridere e si asciugò svelta una lacrima che le era scivolata sulla guancia.
< Oh sì, un coso peloso più di Hagrid di Harry Potter, che ulula e graffia il parquet della mia stanza. > alzò gli occhi al cielo.
< E...reagisci così? Cioè... non hai strillato isterica, non hai cercato di sparargli una pallottola d’argento o di rinchiuderlo nelle notti di luna piena? > chiesi sconcertata, cercando di ingoiare le risate che premevano per incurvare la mia bocca.
< Purtroppo, non avevo pallottole d’argento a portata di mano. > fece spallucce e mi pizzicò il naso.
< Non sembri contenta di sapere che anche io, adesso, sono la ragazza di un superfigo che diventa lupo. >
Il sorriso di Emily per un attimo mi abbagliò. Anche lei, come me ed Ellie, era una ragazza lupo.
Era stata la prima e aveva pagato lo scotto più grande di chiunque altro.
Tuttavia non si vergognava delle sue cicatrici e, anzi, le sfoggiava con orgoglio.
Scossi la testa.
< No, non lo sono affatto e non dovresti nemmeno tu. > asserii lugubre < Tu, ora, vedi soltanto la parte intrigante della faccenda. Ellie, è tutto molto più complicato ed è pericoloso! Devi starne fuori, non voglio che ti succeda niente! > esclamai accorata, stringendole le spalle minute.
< Belle... > sbuffò < ...quello che cercavo di dirti prima è che tu sei... > sventolò la mano come per cercare d’acciuffare un paragone accettabile nell’aria < ...sei come un cavallo con i paraocchi! >
Quasi la presi a schiaffi.
< Sei in vena di complimenti. > borbottai, scansandomi e asciugandomi i residui del pianto, incrostati all’angolo degli occhi.
Ellie si mise a gambe incrociate sul letto e corrugò la fronte, come faceva sempre quando si sforzava di spiegare a me, povera mentacatta, qualcosa di estremamente semplice che tuttavia non riuscivo ad afferrare.
< Tu vedi soltanto quel che vuoi vedere. Vedi gente che si fa ammazzare per te, vedi sacrifici umani e nient’altro che disperazione... Amica mia, ma perchè non provi a considerare l’idea che saremmo tutti arrivati a questo punto anche senza il tuo zampino? Per carità, tu hai dato una grande mano al destino, ma sono sicura che questa guerra coi vampiri millenari sarebbe scoppiata comunque presto o tardi, per una scaramuccia da niente. I Volturi aspettavano il pretesto. E sappi che nessuno si farà uccidere: il branco protegge la sua terra e le famiglie dei suoi membri da secoli, perciò venderanno cara la pelle. > concluse soddisfatta, ondeggiando sul mio materasso.
< Hai ingoiato un libro di psicologia a colazione? > chiesi sarcastica, senza poter evitare di accogliere con sollievo le sue parole.
Forse –tanto per cambiare- aveva ragione lei.
Avevo sempre avuto un’unica prospettiva da cui contemplare le tragedie che avevo disseminato lungo la mia vita, senza mai prendere in considerazione l’ipotesi che io non ne fossi la diretta causa.
Nulla toglieva i poteri a quel maledetto magnete-attira-digrazie, ma forse era più innocuo di quanto non credessi.
Mi era risultato comodo comodo affibbiargli la colpa di quello che era accaduto, perlomeno fino a quel momento.
Il solito e affidabile metodo dello “scarica-barile” che mi era tanto caro, da brava vigliacca qual’ero, mi aveva salvata innumerevoli volte.
Era ora di darci un taglio con i piagnistei.
< Se messi a confronto con te, che vedi le cose solo quando ci vai a sbattere addosso, sono tutti strizzacervelli con poteri psichici portentosi. > mi prese in giro Ellie, mollandomi uno schiaffetto educativo sul braccio.
< A proposito, ma quando avevi intenzione di dirmelo che stavi per sposarti un vampiro telepate? > i suoi occhi verde bosco s’illuminarono.
Era una patita dei supereroi e chiunque si vantasse di possedere un briciolo di potere paranormale diventava automaticamente il suo idolo.
Alzai gli occhi al cielo, dandole a intendere che non avevo intenzione di dirle nient’altro, e le indicai con il naso lo zaino con cui ero arrivata a Jacksonville.
< Spero scherzi. Non ti entrerebbero mai tutti i vestiti che hai comprato lì dentro. E mi rifiuto di farti indossare quegli stracci che di sicuro hai a casa di Charlie. Sù, forza vieni con me che ti presto il trolley rosa che ho in cantina. > mi prese per un braccio, trascinandomi fuori.
Mi impuntai sulla cima della rampa di scale, rischiando di far ruzzolare entrambe fino al pianterreno.
< Ma...ma perchè sei così entusiasta all’idea di venire a Forks e conoscere morti viventi che bevono sangue a colazione e ragazzi minorenni che si trasformano in palle di pelo ambulanti? > chiesi, cercando di dipingere con tratti tragici il mondo in cui stavamo per fiondarci.
Provavo un profondo senso di responsabilità nei suoi confronti e avrei fatto di tutto per tenerla al sicuro.
< Belle, sei una sorella per me. Pensi davvero che ti lascerei andare a farti ammazzare da sola? Dove vai tu, vado io. E poi vuoi davvero lasciare i gemelli nelle mani di tuo padre se hai una urgenza imprevista? E, infine, Seth si farebbe amputare una gamba piuttosto che lasciarmi qui priva di protezione. Sono il suo imprinting, no? >
Rimasi basita, con la bocca leggermente schiusa e la mente arida.
Mi aveva sottratto ogni obiezione a cui avevo pensato di fare appello per dissuaderla dal seguirmi.
< Chiudi la bocca, che rischi di ingoiarti una mandria di moscerini. Forza, andiamo, non abbiamo mica tutto il giorno. Entro stasera dobbiamo essere in viaggio! >
Scese i primi due scalini ed io incespicai nei lacci delle scarpe, cadendo sull’osso sacro con un gemito.
Ellie sbuffò, cercando di nascondere il sorriso che le increspava le labbra.
< Sei sempre la solita, Belle. > mi tese una mano che rifiutai, alzandomi e massaggiandomi il punto dolorante.
< Tu, piuttosto! Da quando in qua Seth è stato ufficialmente promosso a “ragazzo”, nel senso di “fidanzato”? Pensavo che la pagina con quella parola fosse stata strappata via dal tuo vocabolario! > la additai, rincorrendola sugli scalini.
< Sì, sì, ti presto i miei anfibi, non preoccuparti! > rise, saltellando fino alla porta.
< Ehiii, io non ti ho chiesto quello! > gridai, chinandomi per allacciarmi le scarpe mentre la mia amica già correva fuori dal cancello, facendomi la linguaccia.
< Belle, che dici? Non ti sento! >

Impilati l'uno sull'altro in modo traballante, i miei abiti stavano per crollare miseramente sul letto.
La valigia di Ellie, sebbene fosse grande quanto il vagone di un treno, non riusciva a contenerli.
Ma quanto shopping avevo fatto con lei in quei mesi?
Come attenuante c'era da sottolineare che almeno la metà della roba era dei gemelli, ma la quantità di magliette e jeans dei colori più svariati, che avevo estratto dall'armadio, continuava a sbalordirmi.
Appallottolai stanca l'ennesimo top senza spalline beige e mi buttai di peso sul letto, stringendo i denti.
Perchè non potevo gettare in valigia anche le mie paure e rinchiuderle lì dentro finchè non fossi stata pronta ad affrontarle?
Perchè non potevo nascondere nelle tasche interne anche una bella dose di ricordi amari che continuavano a sussurrarmi nelle orecchie parole che bruciavano la pelle del cuore, i muscoli e le vene?
Carbone, prima. Cenere, poi.
Ecco ciò che conteneva il mio petto, dopo che il fuoco di Jacob mi aveva devastato.
Pulviscolo minuscolo che soffocava arterie e capillari, che aleggiava nella mia pancia senza depositarsi.
< Bella, tesoro, ti serve una mano? >
La porta della mia stanza si socchiuse appena e mia madre fece capolino con due bicchieri di thè freddo in mano.
Mi affrettai a eliminare la prima lacrima che mi aveva inumidito le palpebre e le sorrisi un po' forzatamente, chiudendo la cerniera del beauty case con uno scatto.
Presi grata la mia bevanda fresca e la sorseggiai, tentando di deviare i miei pensieri da quell'incessante litania che si era incantata su “Aro berrà il tuo sangue e appenderà la testa di Jake come trofeo dietro il suo scranno”.
< Perchè non dai un po' della tua roba ad Ellie? Ha ancora un paio di valigie vuote ed è di sotto a lamentarsi con Lilian, che non le permette di fare shopping per riempirle. >
Mi assestò una gomitata giocosa tra le costole e la polvere dentro di me si disperse di nuovo, come quella di una palla di vetro contenente neve finta.
Annuii poco convinta e sospirai.
Era dunque giunto il momento?
Era quella l'occasione giusta per dire addio a mia madre una seconda volta?
Credevo di averlo fatto prima del diploma, quando avevo deciso di farmi trasformare e unirmi ai Cullen per l'eternità, ma poi il destino aveva imboccato di colpo, con una sterzata brusca, una stradina diversa, nascosta, stretta e sterrata ed ora dovevo ricominciare daccapo.
Dovevo salutare in fretta tutte le persone che mi erano care e far sapere loro quanto bene gli volessi.
Per una come me, che parlava di affetto volentieri quanto parlava di sesso con suo padre, era un'impresa titanica.
< C'è qualcosa che ti preoccupa, bambina mia? >
Quando Renèe usava quell'appellativo io, in automatico, iniziavo a frignare davvero come una mocciosa, caduta e sbucciatasi un ginocchio.
Mi infilai quindi le unghie nel palmo della mano per non darle a vedere nulla.
Non volevo che si preoccupasse, non volevo che fosse in ansia per me.
Sarebbe andato tutto bene.
Saremmo stati tutti bene e il Natale successivo avremmo festeggiato da Charlie con un enorme abete addobbato, circondato da decine di pacchetti dalla carta frusciante e colorata che i gemelli avrebbero messo in bocca.
< No, mamma. Sono solo...non lo so... > sospirai con voce tremula, tirando su con il naso.
< Con Jacob come va? > domandò lei cauta, stringendomi una mano.
Le sue dita avevano assorbito la freschezza del thè ed erano un sollievo per la mia pelle bollente.
< Male, ma non ne voglio parlare. > alzai gli occhi su di lei, cercando di scusarmi senza parlare.
Non mi fidavo più della mia voce.
Se avessi di nuovo dato fiato alla bocca, in contemporanea, anche i rubinetti delle lacrime sarebbero stati aperti.
< Vieni qui, piccola. > sussurrò lei, commossa quanto me.
Mi strinse tra le braccia, lasciando che il thè rimasto si rovesciasse sulle lenzuola e le macchiasse.
Ricambiai il suo abbraccio e mi riempii i polmoni del suo Chanel, il profumo che preferivo da una vita.
Quello che rimaneva impresso sui grembiuli della scuola dopo che lei li ripiegava, quello che permeava persino le mattonelle del bagno dopo che lei era uscita.
< Ti...ti voglio b-bene. > borbottai, mangiandomi le lettere come fossero bocconi aspri con retrogusto di limone.
Storsi il naso con disappunto, odiandomi per il mio essere così introversa.
< Cerca di essere felice, va bene? E se qualcosa va storto puoi sempre rifugiarti qui. > mi baciò la testa e mi sembrò che piangesse anche lei.
Aveva il tono pregno di lacrime non versate, quelle che non si buttano fuori per non mostrarsi vulnerabili. Il genere che io non riuscivo mai a trattenere.
< E' stato bello averti con me per un po’. > disse ancora, pettinandomi i capelli con le dita.
Un'abitudine che non aveva mai perso.
Nelle serate invernali, mentre fuori l'acqua veniva giù a secchiate, lei si metteva di fronte al camino scoppiettante e mi districava i nodi senza il pettine, acconciandomi poi i capelli in un treccia un po' lenta.
Io eseguivo la stessa operazione con le mie barbie, ottenendo sempre risultati orrorifici; tuttavia non mi perdevo mai d'animo e ritentavo sempre.
Il calore di quelle fiamme sul mio viso paffuto di bambina sarebbe stato uno dei ricordi a cui avrei attinto nel momento in cui mi fossi trovata di fronte il nemico.
Al rosso morte degli occhi di Aro, avrei risposto con il rosso fuoco di un accogliente camino e di un confortevole abbraccio materno.
Mi sarei ricordata, in quel modo, del perchè ero al mondo, grazie a chi, e per quali ragioni volevo restarci.
< Bella, l'aereo parte tra... >
Uno di quelli -il più importante, per la precisione- si affacciò dalla porta senza nemmeno bussare, interrompendosi a metà frase nel vedere me e mia madre abbracciate l'una all'altra.
Chinò la testa imbarazzato.
< Oh, scusate io... >
Renèe si alzò con uno slancio forzato e se ne andò prima ancora che io o lui potessimo fermarla.
Prima di chiudersi la porta alle spalle, però, mi fece l'occhiolino.
< Hai fatto entrare un tornado dalla finestra? > domandò Jacob, adocchiando perplesso il mucchio di abiti che giaceva scomposto un po' sul letto, un po' dentro la valigia.
Sospirai.
< Più o meno. Ha lunghi capelli biondi e occhi di smeraldo, hai presente? > replicai stancamente, come se aver salutato mia madre e averle esternato i miei sentimenti mi avesse prosciugato.
Inaridito, quasi.
Altra polvere grigia che circolava tra le ossa vuote.
Jacob annuì e s'infilò le dita in tasca, non sapendo cos'altro fare.
Toccarmi era escluso, ma anche rimanere impalato al centro della stanza non era granchè come soluzione.
Iniziò così a studiare le mensole su cui avevo buttato i cd graffiati che ascoltavo quando vivevo con mia madre a Phoenix e vecchi peluche impolverati e sbiaditi dal sole.
Io per un po' feci lo stesso, accarezzando con lo sguardo il coniglio celeste dal naso rosa ed ascoltando il ritmo del suo petto che si alzava ed abbassava lento, regolare.
Era lo stesso che aveva preceduto il suo sonno dopo aver fatto l'amore.
Immaginai di essere ancora sdraiata accanto a lui, con una mano poggiata vicino al suo collo, e di chiudere gli occhi e assopirmi grazie al calore dei nostri corpi.
Non solo il suo, per una volta, ma quello di entrambi.
Per qualche istante anch'io avevo preso fuoco.
Baciata da una fiamma, ero diventata fiamma io stessa.
Avevo bruciato, brillato e illuminato la notte col colore di mille sospiri rossi e lui aveva continuato ad incendiarmi, ad alimentarmi senza mai farmi spegnere.
Ora, lontana troppo tempo dal fuoco, non ero altro che uno stoppino nero e consumato.
< Io... io capisco che è troppo tardi per farcela... > iniziai, maledicendomi subito dopo per aver aperto bocca senza aver prima collegato il cervello.
Cos'è che volevo dirgli? Dov’è che volevo andare a parare?
Probabilmente da nessuna parte, ma il silenzio stagnante tra noi mi strozzava.
Il mio Jacob, il mio sole, era quello che masticava le parole e le usava per riempire i vuoti che lasciavo io.
Era quello che parlava per due, senza mai farmi pesare il mio mutismo.
Il ragazzo taciturno interessato alle venature del legno della mia scrivania, invece, aveva di sicuro lasciato le sue battute da qualche altra parte, lontano da qui dove non potessero accoltellarlo alle spalle alla prima occasione.
Tra le pieghe di un foglietto buttato nella spazzatura forse, nelle tasche dei jeans che portava la sera prima del mio matrimonio o, ancora, nei capelli profumati di limone di colei che lo aveva accarezzato e baciato mentre io non l'avevo fatto.
Io assente, lei presente al posto mio.
Sapevo che c'era e non riuscivo ad ignorarla.
Jake mi fissava curioso, aspettando che concludessi la frase.
< … ma è troppo tardi anche solo per provare? > chiesi e mi alzai dal letto per avvicinarmi a lui.
- Infiammami di nuovo. Bruciami. Rendimi viva.-
Ingoiai la vigliaccheria e la voglia di allontanarmi che i suoi occhi inespressivi mi scagliavano addosso e gli presi le mani.
Calde, decise, salde sulle mie dita.
Si legò a me per un tempo che mi parve lungo una vita.
Forse durò più dell'eternità che avrei potuto condividere con Edward.
Tra le frange dei capelli, tra le ciglia e le labbra, per un solo attimo, intravidi il vecchio Jacob.
Il mio migliore amico, il sole invincibile che aveva sconfitto l'eclissi.
Mi contornò il viso con incertezza, quasi rabbrividendo al contatto con la mia pelle, mi accarezzò le guance con i pollici e poi si chinò, sfiorandomi la bocca con la sua schiusa appena.
Fugace.
Breve. Troppo breve.
Non ebbi nemmeno il tempo di chiudere gli occhi che già si era allontanato.
Dietro il suo gesto non ero riuscita a scorgere la dolcezza che avrei voluto.
Non mi aveva baciato per piacere, ma per punirmi, realizzai stupita osservandolo indossare di nuovo la corazza impenetrabile con cui si bardava sempre in mia presenza.
Giocava con me, come io avevo inconsciamente fatto con lui mentre dichiaravo fieramente di amare Edward.
Cercarlo, volerlo, baciarlo e allontanarlo.
Un circolo vizioso, soffocante come la mia cenere nel petto.
Mi stava mostrando ciò che gli avevo fatto e l'unica lezione che io capissi non era teorica, ma pratica.
Fece un passo indietro ed era già lontano chilometri da me.
Temeva di non sapersi controllare? O di ferirmi ancora?
Le dita che serrava a scatti sembravano indicare che in lui stava avvenendo una lotta serrata.
Tra Jake -il mio Jake- e Jacob.
Tra il mio migliore amico -l'uomo che ora soltanto avevo capito d'amare- e il ragazzo ferito e abbandonato. Tra tutto e niente.
Ed io, nel frattempo, per precauzione, venivo emarginata.
Tenuta a distanza di sicurezza.
Colpevole, come al solito. Condannata a vita.
< E' sempre tardi, con te. > dichiarò duro, uscendo a grosse falcate dalla porta.

2 commenti:

Nalu ha detto...

OMG!
Mi è piaciuto da matti questo capitolo!!
Non so dirti precisamente il perchè, so solo che l'ho adorato!!
Ci sarebbero così tante cose da dire!
Prima di tutto: ecco il perchè dell'arrivo di Alice! è vero, per un momento avevo anche dimenticato la minaccia rappresentata dai Volturi, e li avevo quasi fatti scomparire dalla mia mente, troppo presa dalla trama della tua storia; ma ci sono, eccome! Ed è un problema enorme! E non vedo l'ora di scoprire come lo risolverai...
Poi: Papà-Jake è di una tenerezza infinita! Quei due cucciolotti riescono a farlo sciogliere come cera sul fuoco! E non so perchè, ogni volta che scrivi che lui prende in braccio i bambini, o dedica loro qualsiasi tipo d'attenzione, mi viene in mente l'immagine degli occhi pece di Jacob che assumono una sfumatura più....vulnerabile?? Non so come spiegarlo, tipo come il formaggio che si fonde, và. Diventano irresistibili! (Vabbè, non far caso ai miei momenti di pazzia xD)
Ancora: Ellie sa tutto!! E ne parla così naturalmente! Della serie "Il mio ragazzo, per il quale sono anche diventata l'unica sua ancora che lo lega alla Terra. si trasforma in un cucciolo a quattro zampe e a me non importa!"... Era sicurissima che la reazione di Ellie sarebbe stata sicuramente più pacata di quella di Bella, che si fa sempre tanti problemi!
Ma mica adesso Bella ha adottato una sorta di "mania dello shopping"?? Ellie non può averla cambiata fino a questo punto! (sì, valigia rosa strabordante, mi riferisco proprio a te! xD)
E infine....potevo non commentare il momento tra Jake e Bella?? Assolutamente no! Mi piacciono sempre di più le metafore col fuoco che inventi per loro(e tutte le tue metafore in generale, precisiamo. Altro che crisi da metafore! Ancora una volta hai saputo meravigliarmi e abbagliarmi con i tuoi paragoni!!). Sono così....giuste. Giuste, esattamente. Ricalcano a fondo le loro emozioni e sensazioni, e fanno sì che ogni volta siano più intense e più visibili. E danno al loro amore quel tocco di solidità che, nonostante tutto, fa sciogliere il cuore. Davvero. Li fai sentire così perfetti l'uno per l'altro; anche se in questo momento la loro situazione non è idilliaca io riesco a "sentire" l'immenso amore e dolore di Jake, un pò restio a lasciarsi del tutto andare, perdonando così Bella, ma allo stesso tempo divorato (consumato) dalla voglia che ha di riaverla, di abbracciarla, di sentirla sua. Completamente. E la complessità del personaggio, così ben descritto da te, fa sì che io ti ammiri sempre più come scrittrice.
Non ho nient'altro da dire....anzi, a proposito: Ellie e Bella ti sono venute magnificamente e non ho riscontrato nessun clichè, tranquilla ;)
Capitolo meraviglioso, come al solito!
Un bacio! Nalu (il nome di efp è più figo xD) :D

Anonimo ha detto...

da dove iniziare? so quanto è stato duro questo capitolo per te ma credimi ne è valsa la pena , davvero è uscito un piccolo capolavoro. Succedono tante cose e tante altre se ne preparano da qui. Ora rinizia la girandola impazzita fra vampiri e llicantropi, ora si torna a casa, c'è la morte che aspetta dietro l'angolo e c'è la vita con Jake. fuori dalla protezione delle gonne materne e da ora che , nonostante i pericoli , Bella deve crescere davvero.
deve mettere a tacere la Bella di edward che come dice lei da qualche parte esiste ancora, anche se adesso ha capito che non era la bella più vera. Quella è la Bella che vive solo grazie a Jake. ma la redenzione per quella Bella è ancora molto lontano. E Jake è stato fin troppo chiaro. Per ora il suo dolore viene prima del desiderio che ha per lei. é ancora troppo ferito ed il perdono è una strada molto molto lunga. Mi spiace per Bella , in questo capitolo si capisce ancora di più quanto sia provondamente innamorata di lui ma forse ora dovrebbe davvero smetterla con i viaggi mentali e prendere davvero in mano la sua vita. ora che forse i battiti del suo cuore sono contanti dovrebbe davvero dimostrare chi è, e cosa vuole.
per il resto grandiosa come sempre Ellie. é davvero l'essato opposto di Bella ed essatamente quello che serve a lei. forte, sicura, determinata. Una che non si abbatte per una questione da niente come: il mio ragazzo è un licantropo. Una che è a fianco della sua migliore amica sempre , pronta a fargli aprire gli occhi.
per tutto il resto ,lo sai. sai quanto ami questa storia, e te. sai quanto adoro esserne così partecipe.
e ora forza manihe rimboccate e si torna a Forks... ti aspetto sulla strada.
con affetto tua
Emi

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