"Una ragazza che legge sa che il fallimento conduce sempre al culmine,
che tutto è destinato a finire ma che tu puoi sempre scrivere un seguito;
che puoi iniziare ancora e ancora ed essere nuovamente l’eroe.
Una ragazza che legge comprende che le persone, come i caratteri, si evolvono.
Eccetto che nella serie di Twilight.
Se trovi una ragazza che legge, tienitela stretta:lei parla come se i personaggi del libro fossero reali perché, per un po’, lo sono sempre."
Rosemarie Urquico.

lunedì 9 luglio 2012

Rebirth Dawn Capitolo XXIII



 XXIII
- Meccanismo di Difesa-

Un gocciolare lento, intermittente, di un rubinetto rotto da parole taglienti.
Plic.
Rimboccai le coperte a mia figlia, rannicchiata contro la spondina della culla posta provvisoriamente in camera mia, e strinsi le ginocchia al petto fino a conficcare le unghie sulla pelle tesa degli stinchi.
Acqua, sangue, sale, flash abbaglianti di sorrisi luminosi e rombi di motociclette.
Tutto racchiuso in una goccia che scivolava sul mio viso, rotolava sul dorso della mano e s'infrangeva a terra, con un tintinnio appena udibile.
Il suono di un battito di cuore perso, di uno squarcio nell'aorta, di uno spruzzo di sangue su uno specchio opaco, di una pioggia d'agosto, di una carezza, di un bacio.
Plic.
Ephram si rigirò, scalciando le copertine con i piedi coperti da calzettini minuscoli con delle buffe giraffe blu comprategli da Ellie.
Avevo raccolto me stessa, i miei cocci sbeccati, le mie briciole scheggiate, la mia polvere fine e li avevo trascinati in questa stanza, armandomi di colla e pazienza.
Non era servito.
Non ero mai stata brava a rimettermi in sesto, a ricompormi e a limare le imperfezioni.
Restavo spigolosa, incrinata, piena di crepe.
E era proprio attraverso quelle mie fenditure che il sangue continuava a gocciolare; che le mie emozioni si condensavano in lacrime, che si tuffavano sul tappeto arruffato dalle mie scarpe da ginnastica, disperdendosi poi.
Plic.
Cos'era rimasto da contemplare?
Niente bellezza, niente calore, niente più abbracci e lattine di coca cola taglienti.
-Dove siamo, Jake? Dove ci siamo nascosti?
Dove sono i nostri sorrisi, i nostri scherzi, le nostre giornate di sole, sudore e trigonometria?-
Cos'era rimasto da salvare?
Non avevo mai avuto la forza necessaria per trarre in salvo me stessa, figurarsi proteggere lui.
Eppure avrei dovuto fare ammenda, percuotermi il corpo con fruste, portare un cilicio, camminare sui carboni ardenti per mostrare pentimento, ma neppure quello sarebbe bastato.
L'avevo coinvolto, tirandomelo dietro nella mia rovinosa caduta.
-Dimmi che non ti sei fatto troppo male, amore. Dimmi che, almeno tu, sei intero. Che i tuoi sentimenti li hai recuperati dal pozzo e che li hai riportati a galla.
Dimmi che non hai lasciato che la Bella che tu amavi annegasse. Se tu hai ucciso lei, hai ucciso anche la mia possibilità di rinascere.
Perchè io rivivo solo tra le sue dita, che mi modellano con precisione ed accortezza.
Conosci ogni mia curva, ogni mia cicatrice sulle gambe, ogni mio neo. Solo tu puoi ricostruirmi. -
Strinsi di più le dita, serrando gli occhi, sperando di guarire in fretta come i lupi.
Plic.
Quel suo sguardo io non lo conoscevo.
Estraneo. Coriaceo. D'acciaio.
Mi ci ero buttata contro, tentando di scalfirlo a spallate, ma era rimasto inaccessibile, trincerato dietro una lastra d'indifferenza, dolore e risentimento.
Nei suoi occhi neri non ero riuscita a scorgere il suo cuore.
Non ce n'era traccia.
Dove lo aveva sotterrato?
Tra i cuscini e le coperte del suo letto sfatto in casa Black?
O forse accanto alla testa di qualcuna che non ero io?
Glielo aveva lasciato in custodia, giusto il tempo di venire qui, farmi a pezzi, conoscere i bambini e riandarsene?
Plic.
No, non volevo crederci.
Come aveva detto lui, ero io quella che fuggiva, che non sapeva rimanere nello stesso posto.
Insofferente, cercavo aria, sperando però di essere seguita.
Che atteggiamento stupido e infantile.
Singhiozzai contro il ginocchio, bagnando la mia pelle di ricordi trasparenti.
Avrei voluto poter tornare indietro, mangiarmi quel misero foglietto sgualcito e addormentarmi fra le sue braccia.
Avrei voluto aver trovato allora il coraggio di compiere una scelta sana con un tempismo decente, non soltanto adesso, travolta da eventi che mi erano franati addosso, seppellendomi viva.
Avrei voluto, avrei voluto, avrei voluto...
Plic.
< Dormono? > la sua voce mi colpì alle spalle, centrando la colonna vertebrale.
Mi paralizzai, imponendomi di respirare.
Lo vidi passarmi davanti al naso e chinarsi sulle culle, protendendo le dita per accarezzare i piccoli.
Il suo gesto sembrava sbattermi in faccia recriminazioni al sapore di vetriolo e acido muriatico.
"Lo vedi quanto li amo? Avevo il diritto di sapere! Avevo il diritto di vederli nascere!"
Non serviva parlasse. Il suo silenzio sapeva essere più eloquente.
Plic.
Coprì di nuovo Ephram e si piegò sulle ginocchia, poggiando il mento sulle mani, e rimase immobile a guardarli, bevendosi ogni loro respiro.
Con occhi attenti seguiva il movimento della bocca socchiusa di Ellie e quello della gambina del fratello, incapace di dormire quieto.
Li studiava, si annotava mentalmente ogni dettaglio che riusciva a cogliere di loro in quella penombra corposa ed io non desiderai altro che essere in grado di congelare il tempo e spendere tutta una vita in notti tranquille come quella, in cui le mie ferite sembravano soltanto vecchie cicatrici e il risentimento di Jake era stato lasciato al piano di sotto, insieme alle schegge di legno del tavolo e al dente di Nathan.
Muovendomi con cautela, come se con un gesto brusco rischiassi di infrangere la sua facciata di calma, scesi dal bordo del letto sui cui ero accovacciata e mi inginocchiai accanto a lui.
Jacob non girò nemmeno lo sguardo. Fece finta di non vedermi e la sua indifferenza mi ferì.
Potevo accettare la rabbia, l'odio, il rancore...ma quella sua mancanza di attenzioni, di interesse, mi fece sentire invisibile. Inutile. Superflua.
La piccola Elizabeth sospirò nel sonno e Ephram, quasi in risposta, sorrise.
Mia madre diceva sempre che se un neonato sorrideva mentre dormiva stava di sicuro sognando gli angeli.
Repressi un singhiozzo e mi liberai dell'ennesima lacrima che mi solleticava lo zigomo.
Quel mutismo mi stava angosciando e si espandeva nell'aria, avvolgendo il mio corpo come una coperta di lana ispida che mi sottraeva l'ossigeno.
< Jake... > lo chiamai, sperando che si girasse e mi degnasse di un briciolo d'attenzione.
Il mio appello cadde a terra con un tonfo, come se ogni lettera fosse rivestita di piombo.
Lui non si mosse, ma contrasse la mascella.
< Jake... > riprovai, testarda.
Serrò i pugni sotto il mento con uno schiocco.
< Cosa vuoi? > sputò infine.
- Te. -
< Io...solo dirti che...ho avuto paura. Se me ne sono andata quando volevo restare è stato per paura. Ho il brutto vizio di fuggire a causa della mia insicurezza. E' un contorto meccanismo di difesa che ho sviluppato e... > stavo parlando a vanvera.
Farneticavo frasi senza senso, soltanto per riempire il vuoto e tentare di giustificarmi, per quanto sapessi che non sarebbe servito.
< Difesa da cosa, Bells? >
Annaspai.
Mi aveva davvero chiamata Bells?
Potevo considerarlo un passo avanti? Uno spiraglio di luce in fondo al fantomatico ed interminabile tunnel nero?
Mi aggrappai a quella evanescente speranza con tutte le mie forze.
< Da te. >
< Da me? > alzò un sopracciglio, sardonico, senza tuttavia voltare il capo.
< Sì. Io...io ero spaventata a morte, Jake. Non sapevo come gestire tutti quei dannati sentimenti che mi assalivano in massa ogni volta che ero con te. Passione, rabbia, dolore... Mi sentivo impreparata e stupida. Inadeguata! >
< E sei scappata per andarti a sposare col succhiasangue perchè ti sentivi IMPREPARATA? > sottolineò l'ultima parola, sibilandola a denti stretti.
Chiuse gli occhi e tentò di placare il tremito delle dita.
Così come si era accesa, quella pallida luce di speranza si spense in una voluta di fumo nero, come la fiammella debole di una candela soffocata da un paio di dita bagnate.
Annuii, incapace di ripescare la voce dal fondo della gola.
Lui sembrò cogliere il mio movimento anche se non ero certa mi stesse osservando.
< Porca puttana, ma cosa credevi fosse? Un'interrogazione? > si alzò di colpo, con un movimento fluido, allontanandosi da me. < Che cazzo dici, Bella? Da quando in qua ci si prepara all'amore? Non ti danno un fottuto libretto di istruzioni da studiare prima! >
Udii i suoi denti stridere e il respiro accelerare.
Ricominciai a piangere in silenzio, vergognandomi della mia debolezza.
Aveva ragione lui su tutto.
Ma io non sapevo gestire i sentimenti, ero alle prime armi con quel complesso mondo e non facevo altro che incespicare negli sbagli che seminavo alle mie spalle.
Come potevo tenere tra le mani un fuoco, quando, al massimo, avevo accarezzato una manciata di ghiaccio?
< Lo...lo so. Ho realizzato troppo tardi quello che provavo, ma quando sono venuta da te, tu eri già... >
< Hai detto bene. TROPPO TARDI! > mi zittì e un ringhiò gli rimbombò nella cassa toracica. < E asciugati quelle cazzo di lacrime. Io non ho più intenzione di farlo. > soffiò contro il mio orecchio, prima di sparire di nuovo, così come era venuto.
La porta si chiuse alle sue spalle con un tonfo attutito ed io mi afflosciai su me stessa, svuotata d'ossigeno, sangue e amore.

Elizabeth mi stava sbavando la spalla con le sue bollicine di saliva e sporcando così la sua tutina arancione con i coniglietti.
Sorrisi con tenerezza, accarezzandole la testolina mora e bussai impaziente in casa Gray.
Dopo una nottata solitaria, spesa a piangere tutte le lacrime che avevo accumulato in nove mesi di lontananza da Jake, avevo bisogno di sfogarmi con la mia migliore amica.
Scorsero un paio di minuti prima che udissi un ciabattare strascicato aldilà del massiccio portone, dietro cui comparve la faccia assonnata e pallida di Nathan.
Mi salutò con un sonoro sbadiglio, che mi diede modo di fare una panoramica delle sue tonsille, e mi lasciò entrare, quasi riappisolandosi sul pomello.
Scoppiai a ridere e lui mi squadrò interdetto, strofinandosi gli occhi.
< Che c'è? > domandò con una voce d'oltretomba.
< Sembri uno zombie! > gli risposi, cambiando spalla su cui era appoggiata mia figlia.
< Vorrei vedere te! > replicò lui stiracchiandosi < Quei due hanno fatto così tanto casino che temevo avessero demolito la stanza. Nemmeno i tappi per le orecchie di mia madre sono serviti a niente. > sbuffò ed io risi delle sue smorfie, tentando di capire di chi stesse parlando.
Che Lilian avesse trovato un nuovo spasimante?
Non mi sarei stupita, dato che era ancora una bella donna e si portava in maniera stupefacente i suoi anni, persino meglio di Renèe.
Magari era un bel giovanotto pieno di vitalità. Andavano tanto di moda ora i "toy-boy", no?
Ellie mi avevano spiattellato ogni genere di gossip in tal senso per tutta la settimana che ero rimasta ricoverata in ospedale.
< Vado da tua sorella. E' sveglia, vero? > gli domandai, sorpassandolo velocemente, diretta al piano superiore.
Avevo scorto per caso il buco nella sua arcata dentaria e i sensi di colpa aveva ricominciato a mordermi lo stomaco.
< Ti ho detto che non ha fatto chiudere occhio a me, come credi che abbia potuto dormire lei? > mi gridò dietro, svenendo poi sul divano.
Ma che diavolo ... ?
Non voleva forse dire che...
Volai sù per le scale col cuore a tremila e, facendo finta di non leggere quel cartello perennemente appeso alla maniglia con su scritto "Non disturbare. Ho meglio da fare che starti a sentire", spalancai la porta, lasciando quasi cadere Elizabeth per lo stupore.
Oh. Merda.
Volsi lo sguardo per tutta la stanza disseminata di vestiti come non l'avevo mai vista -Ellie riponeva in modo maniacale i suoi abiti- in cui troneggiava la scrivania inclinata da un lato.
Sembrava che fosse passato un tornado da quelle parti; una vera tromba d’aria mulinante.
Rabbrividii, individuando le carte di troppi preservativi che non volli contare, e posai, infine, gli occhi su di loro.
Erano entrambi coperti solo da un lenzuolo semi-trasparente e mi fissavano con una faccia sconcertata e imbarazzata.
Oh. Merda.
< ELLIE! MA TI HA DATO DI VOLTA IL CERVELLO? POTRESTI FINIRE IN CARCERE PER PEDOFILIA! SETH HA SEDICI ANNI! > gridai isterica, sull'orlo di una crisi di panico.
< Grazie, eh, Bella! > il diretto interessato incrociò le braccia muscolose al petto con irritazione e mi lanciò un'occhiata furibonda, che mi avrebbe anche potuto far ridere in un altro contesto.
La mia amica, dal canto suo, entrò in stato di shock.
Batteva intermittente le palpebre e stringeva convulsamente il lenzuolo tra le dita, con la testa ciondolante.
Seth ebbe il buonsenso di rinfilarsi i boxer sotto le coperte e sgusciare fuori dal letto più veloce che gli riuscì, senza inciampare nei suoi stessi abiti.
Ellie si riscosse proprio in quel momento.
Si allungò verso il pavimento, afferrò uno dei suoi sandali tacco 18 color acquamarina di Chanel e glieli lanciò contro con un grido che avrebbe reso fiero Tarzan.
Lui si abbassò appena in tempo e la scarpa cozzò contro il muro viola della stanza.
Si chiuse rapido la porta alle spalle e corse in bagno per non rischiare di far venire un infarto a Lilian, che sicuramente stava ancora ronfando nella sua stanza.
Io ed Ellie rimanemmo sole e ci limitammo a fissarci l’un l’altra per una decina di minuti buoni.
Lei era nel panico. Lo intuivo dal modo in cui l'angolo della sua bocca continuava a guizzare verso l'alto, come se avesse un tic, e da come lisciava pieghe inesistenti del lenzuolo.
Mi sedetti sul bordo del suo letto matrimoniale a baldacchino -le bellissime ed inconsistenti tende fucsia erano ridotte un ammasso informe che si srotolava per la stanza come un serpente chilometrico- e le toccai un braccio.
< Sono. Andata. A. Letto. Con. Un. Minorenne. > sillabò con voce sognante, di chi non ha tutte le rotelle al posto giusto.
I suoi occhi erano spiritati.
< Quante volte? > le domandai sospirando.
Ellie tossicchiò un qualcosa che mi sembrò “sette” ed io spalancai la bocca incredula.
La mia amica si strinse nelle spalle.
< Che ci posso fare? La prima volta è stata un disastro. Sarà durato un minuto a dir tanto, perciò si è impuntato finchè non mi ha dimostrato che sapeva far di meglio...e fidati: ci sa fare. > dichiarò affranta, passandosi una mano in mezzo ai capelli.
< Ellie...io...non so se dovrei dirtelo ma... > presi fiato e cullai mia figlia, che si stava agitando. < Il miglior sesso della tua vita l'hai fatto...con un vergine... >
Lei crollò di schianto sulla testiera del letto, quasi singhiozzando.
< Vergine! Ti rendi conto, Belle? Accoppiata peggiore non poteva esserci! Ariete-vergine! Un disastro astrologico... >
Le scoppiai a ridere in faccia. Lei e la sua assurda fissazione sui segni zodiacali! Possibile che fosse un'acuta e attenta osservatrice solo quando psicanalizzava me e quando, invece, c'era in ballo lei stessa fosse più scema di un ippopotamo -senza offesa per gli ippopotami, ovviamente-.
< Ellie...io intendevo vergine nell'altro senso. > alzai un sopracciglio con fare eloquente ed Elizabeth, tra le mie braccia, emise un vagito, come di approvazione.
La mia amica scivolò sul materasso e si coprì la faccia col lenzuolo, scalciando isterica.
< No! No! No! > strillò contorcendosi.
Io risi e mi lasciai acchiappare un dito da mia figlia.
Dopo quasi un quarto d’ora di urla e strepiti, in cui temetti che le si lesionassero le corde vocali, Ellie riemerse paonazza e con uno sguardo assassino in faccia.
< E' colpa tua! Avresti dovuto avvertirmi! > mi rimproverò.
Ovvio che scaricasse la colpa su di me. Su Seth non poteva...anche se immaginavo che lui l'avrebbe comunque pagata in qualche modo.
< Come facevo a sapere che ci saresti andata a letto? > le chiesi, soffocando le risate.
Non aveva idea dell'impiccio in cui si era cacciata.
Il fatto che Seth avesse sedici anni e fosse vergine era solo la puna dell'iceberg. Le sarebbero venuti i capelli bianchi una volta saputo del suo alter ego a quattro zampe.
< Oh, andiamo Belle! Ma l'hai visto? Come si fa a resistergli ad uno così? Se lo scoperebbe pure mia madre -per quanto la sola idea mi faccia ribrezzo-. E poi ha carattere! Mi tiene testa invece di stendermi un tappeto rosso dove cammino! Lo cerco da una vita uno come lui e poi scopro che è minorenne e vergine. Ma che male ho fatto? > crollò di nuovo sui cuscini, sospirando costernata.
Elizabeth emise versetti buffi, guardando ammaliata le calamite a forma di farfalle che la mia amica aveva applicato sui pali in ferro del letto come abbellimento.
< Mi spieghi perchè diavolo sembra un venticinquenne? > mi domandò curiosa, arraffando un reggiseno azzurro e allacciandoselo male, come al suo solito.
< Te lo dirà lui, ma tu prometti di non farti venire una crisi isterica. >
< Cosa ci può essere di peggio? > sbuffò e si legò i capelli in una coda bassa laterale, infilandosi anche un paio di mutande scoordinate.
< Lasciamo perdere questa...catastrofe, dopo cui penso che valuterò seriamente la vita di clausura... Come è andata a te? > mi chiese, guardandomi in tralice, mentre infilava una tuta comoda.
Le tesi mia figlia, che Ellie fece subito volteggiare in aria contorcendo il viso in smorfie divertenti, e fu il mio turno di accasciarmi sul suo letto.
< Così male da affossarti nel mio materasso anatomico? Tu lo odi, Belle. Dici che è troppo mollo. > notò lei, sedendomisi accanto.
< Spero che si chiuda a libretto e mi ingoi. > borbottai, di nuovo sull'orlo delle lacrime.
< Ti ha aggredito, eh? > intuì, cullando la sua piccola omonima con dolcezza.
< C'era da aspettarselo. D'un tratto è venuto a sapere che non mi ero sposata, ero incinta e avevo dato alla luce non uno, ma ben due suoi figli. Come ti sentiresti tu? > tirai su col naso, spalmandomi una mano sulla faccia.
< La butto lì: incazzata nera? >
Annuii.
< E' stato molto...cattivo? > mi prese una mano con fare confortante, reggendo la bambina con un solo braccio.
< Mi sono sentita morire, Ellie. Ogni parola è stata una coltellata. Lui ha ragione su tutta la linea e io infatti non ho quasi obiettato nulla, ma... > le lacrime scorrevano lungo le tempie, fino a scivolare nei capelli e a bagnare il lenzuolo sfatto del suo letto.
< Ma? > mi incoraggiò lei, stringendo di più la presa e rovistando con gli occhi la stanza, cercando la scatola di kleenex che teneva sempre sul comodino per i pianti incontrollati che mi ero fatta durante la gravidanza.
< Ha detto anche che non mi ama più. > lasciai che quelle parole mi ustionassero la gola senza opporre resistenza.
Sputarle fuori equivaleva a ingoiare un litro d'ammoniaca.
La gravità di quell'ammissione mi stava avvelenando di nuovo, immettendomi in circolo tossine estranee, che rosicchiavano mordacemente i miei organi.
Avevo evitato di rimuginare su quella frase fino a quel momento, sperando che, così facendo, prima o poi l'avrei dimenticata e l'avrebbe fatto anche lui.
Ma il suo tono non me l'ero sognato e quello non era un altro dei miei incubi.
Avevo rovinato tutto, in modo definitivo e irreparabile, senza l'aiuto di nessuno.
Tutta opera mia.
Ero stata regista, sceneggiatrice, produttrice e attrice della mia scadente tragedia personale.
Jake e Bells erano sopravvissuti a mostri, magie, cadute da motociclette e distanze, ma non a questo.
Non erano stati abbastanza forti, o perlomeno io non lo ero stata e lui si era stancato di esserlo per entrambi.
Il suo amore, per quanto tenace, aveva gettato la spugna.
- Complimenti, Bella. Beccati i pomodori in faccia del tuo pubblico deluso, amareggiato e incredulo e rintanati in un cantuccio, pregando di diventare uno scarafaggio. -
< No! Non ti ci azzardare! > Ellie mi passò un fazzoletto e mi costrinse a mettermi seduta.
< A fare cosa? > chiesi, soffiandomi sonoramente il naso.
< A buttarti di nuovo giù! Sicuramente è una frase che lui ha detto per ferirti, tanto quanto tu hai ferito lui, facendogli sempre credere di non essere abbastanza per te. Perciò adesso devi stare zitta e subire, farlo sfogare e intanto dimostrargli il tuo amore nei suoi confronti e nei confronti dei vostri bambini. Almeno per loro devi farlo. Non puoi permetterti nuovi cedimenti. >
Il suo sguardo duro non lasciava scampo.
Controvoglia annuii e ripresi tra le braccia mia figlia, bagnandole il viso di lacrime.
Lei si strofinò i pugnetti chiusi sul faccino.
< Andiamo da te. La signorinella deve essere cambiata, non senti l'odore? > Ellie si tappò il naso scherzosamente e mi strappò un sorriso.
Mi abbracciò ed in quel momento la porta della sua stanza si socchiuse.
Seth fece capolino dallo spiraglio che aveva aperto.
< Ehm...non è che potrei riavere i vestiti? Non vorrei rimanere chiuso in bagno tutto il giorno. Prima o poi servirà a Lilian e... >
< Dici che esce in boxer in giardino se glieli butto dalla finestra? > mormorò Ellie rivolta a me con un sorriso beffardo.
Scoppiammo a ridere insieme e di colpo la mia vita non mi sembrò poi così disastrosa.
Forse solo un po'.
Forse potevo ancora dargli un'assestata, se Ellie mi rimaneva accanto.

Quando misi piede in casa trovai mia madre che cambiava pannolino a Ephram che, non stando fermo, si era fatto mettere il borotalco fin sotto il mento, starnutendo sonoramente.
Accanto a Renèe c'era Jake, che studiava morbosamente ogni sua mossa, imprimendosela nella testa.
Mi morsi le labbra, avvicinandomi a loro.
Lui sollevò gli occhi su di me e mi sembrarono meno freddi, meno inavvicinabili.
Forse la presenza dei bambini mitigava la sua durezza nei miei confronti.
Elizabeth piangeva stretta a me e suo padre tese le braccia per prenderla e imitare tutti i gesti che Reneè aveva compiuto su Ephram.
Con una ruga di concentrazione tra le sopracciglia sganciò i bottoncini minuscoli del body e poi le alette adesive del pannolino.
Alle mie spalle, Ellie mi diede una spintarella, incoraggiandomi ad avvicinarmi.
Titubante compii due passi nella sua direzione.
Mia madre sollevò tra le braccia il mio campione e lo portò nell'altra stanza, scortata da Seth e Ellie, lasciandoci così soli.
Vidi Jacob in difficoltà, di fronte al pannolino sporco, così gli passai le salviettine umidificate e la crema contro l'arrossamento.
Lui pulì Elizabeth impacciato e s'impiastricciò le mani di pomata, sbuffando infastidito.
Prendendo una generosa boccata d'aria, lo scansai giocosa con un colpo di bacino e cambiai, con gesti precisi e attenti, il pannolino in un paio di minuti.
Lui mi osservò basito.
< Dote naturale di madre. > feci spallucce e presi tra le braccia la piccola, guardando poi l'ora.
Doveva avere fame.
< Ti guadagni tre anni con questa tua nuova capacità. > lo sentii mormorare.
Mi voltai verso di lui, incredula, col cuore che rimbalzava nel petto come la pallina impazzita di un flipper, e mi avvicinai.
< Cosa hai detto, Jake? > gli chiesi.
Mi parve di veder crollare qualche frammento di cemento di quel muro che si era eretto intorno.
Le sue iridi stavano lentamente tornando di quella calda tonalità nera che ben conoscevo.
Da qualche parte c'era ancora il mio Jake, quello disposto ad accettare la Bells difettosa di sempre.
Nonostante due figli potevamo essere ancora noi.
< Che ti concedo tre anni in più. > soffiò, sospirando.
Alzò una mano e la portò vicino alla mia testa, ma prima che potesse anche solo sfiorarmi, la lasciò cadere di nuovo, irrigidendosi poi.
Voltò la testa di colpo e si diresse alla porta con grandi falcate, tremando.
< Stà dietro di me, Bells. > m'intimò, usando, probabilmente sovrappensiero, il mio soprannome abituale.
Alle mie spalle udii i passi frettolosi di Seth, che accorreva e si parava al mio fianco.
Sondai la sua faccia contratta per cercare di capire, ma i suoi occhi erano eloquenti quanto le spalle di Jacob.
Lui mise una mano sulla maniglia e, nel momento in cui il campanello trillò, aprì con uno scatto il portone, ringhiando contro l'ospite.
< Che cazzo vuoi? Vattene! Non sei la benvenuta! >
Mi sporsi dietro la sua schiena e rimasi sconcertata per la seconda volta, nell'arco di un paio d'ore.
Sull'uscio della villetta di mia madre si stagliava la sagoma da folletto inconfondibile di Alice.

2 commenti:

Ellie ha detto...

Jake! Oh, Jake! Dacci dentro e falla riprendere!
Ahahha :D
Capitolo splendido, as always. Non vedevo l'ora di leggerlo, e grazie per la splendida sorpresa!
Il tuo modo splendido di scrivere m'invoglia un sacco a farlo a mia volta, lo sai.
Mi è piaciuto molto vedere la corazza di Jake iniziare ad essere scalfita, ovviamente Ellie e Seth sono favolosi x° E il colpo di scena finale con Alice... Lo aspettavo da un po', mi chiedevo proprio quando si sarebbero fatti di nuovo vivi i nostri amici vampiri! (che poi "vivi" è un eufemismo lol)
Non vedo l'ora di leggere il prossimo mon amour *_* <3

Nalu ha detto...

Ne è valsa la pena aspettare un pò per questo capitolo!!
Anche se, per tua generosa concessione, l'abbiamo avuto anche prima del previsto!!! Grazie grazie grazie!
Le dinamiche di questo capitolo sono mooooolto interessanti: adoro il modo in cui hai caratterizzato Jake. D'altronde, sarebbe da sciocchi perdonare immediatamente Bella dopo tutto il dolore che Jake ha dovuto sopportare a causa sua. E forse, un pochino, Bella lo merita. Comunque, Jake che ama Bells esiste ancora, in fondo. Ha solo bisogno di un pò di tempo. Come sempre capitolo meraviglioso, le emozioni dei personaggi si riversavano naturalmente in me, permettendomi di comprenderli a fondo. E questa tua capacità, ti assicuro, non è una cosa facile!
Lo sapevo che Seth ed Ellie avrebbero fatto scintille: oddio sono fantastici insieme!! E cosa sarà qualche annetto di differenza!! Non vedo l'ora che anche Ellie venga sapere tutta la verità, anche se credo che probabilmente ci stiamo avvicinando visto come hai finito il capitolo......Cioè: Alice!!! Cosa ci fa qui??? Avrà avuto qualche visione di Bella?? O, al contrario, non l'avrà vista per niente e quindi voleva assicurarsi riguardo la sua incolumità?? O, ancora, sarà venuta per conto di Edward?? Spero che le mie domande troveranno risposta nel prossimo capitolo!!!
Al prossimo capitolo, allora!!
Baci, Nalu :D
<3 Jake e Bells <3

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